Questo, non tanto per l’eroico sacrificio di chi si spende totalmente per un’idea, che in tal precipuo caso coincide con l’amore per la patria, intesa nella sua accezione pura di suolo e sangue, ma per il significato intrinseco della lotta antimperialista del movimento extraparlamentare irlandese.
A mio sommesso parere, tale condivisione va rigettata con forza. Trattasi solo di uno dei tanti, troppi casi, in cui una certa sinistra cerca di appropriarsi di lotte che non gli appartengono, attribuendo ad esse significati e significanti assolutamente distorti.
Lungi da me voler polemizzare con gente che non merita spreco d’aria, ma la premessa era doverosa e va motivata contestualmente al racconto del personaggio Sands. Innanzitutto non si può prescindere dalla caratteristica genetica della lotta per l’indipendenza irlandese: ossia la componente cattolica. Tutta la questione nord irlandese verte sulla diatriba storica tra cattolici (repubblicani e nazionalisti) e protestanti (monarchici e lealisti) e, aggiungo io, traditori del loro stesso DNA, poiché il popolo irlandese è sempre stato fortemente cattolico prima dell’eresia orangista.
Ebbene, i novelli bolscevichi, quelli che distruggono le statue della Madonna e che tanto amano sfoggiare magliette recanti la dicitura “grazie a Dio sono ateo” dimenticano, bontà loro, questo non trascurabile particolare.
Altra caratteristica, già menzionata, ma su cui giova ripetersi per sgombrare il campo da ogni possibile equivoco, è l’acceso nazionalismo dell’I.R.A., una connotazione questa che non dovrebbe trovar d’accordo chi ha sempre classificato il nazionalismo come sinonimo di razzismo, conservatorismo, reazione.
Ma torniamo al sacrificio di Bobby Sands perché le reazioni che lo sciopero della fame, la sua morte e quella dei suoi compagni (in tanti seguirono il suo esempio) suscitarono, furono contrastanti. Per il governo inglese, per gli occupanti, cioè, quella morte fu una vittoria e per tale venne pubblicizzata dall’infame primo ministro inglese Margaret Thatcher. Per l’I.R.A, gli oppressi, cioè, quella morte (ma sarebbe giusto dire quelle morti poiché furono in dieci a digiunare) fu un esempio eroico di coraggio ad oltranza e per la maggior parte della popolazione irlandese quello sciopero della fame fu una tragedia che lacerò i cuori e sconvolse le coscienze. Perchè una cosa va evidenziata con forza: pur non condividendo, in alcuni sporadici casi, la strategia dell’Irish Republican Army, il popolo irlandese comunque ne condivideva gli obiettivi ed era dalla parte dei suoi ragazzi, dei suoi figli, fratelli e padri. A questo proposito è d’uopo consigliare, per chi non l’avesse ancora visto, la visione di un toccante film sull’argomento: “Una scelta d’amore”, un film che prende le distanze dalla facile retorica di tutte le pellicole che difendono la democrazia inglese e che scava nel profondo delle motivazioni di questo grande popolo in lotta.
Sembrerà strano, ma i 66 giorni di digiuno costituirono solo l’ultima goccia del calvario di questo grande uomo, un calvario che solo chi ha letto qualcosa sul famigerato blocco H delle carceri britanniche può solo osare immaginare. Basti ricordare che i ragazzi irlandesi, non indossando per protesta l’uniforme della prigione poiché volevano che venisse loro riconosciuta la qualifica di detenuti politici, con pedissequa possibilità di indossare i propri abiti (ovviamente negata dalla lady di ferro) stavano nudi con due sole asciugamani a coprire il collo e le zone intime.
Il tutto, in una cella dalla cui finestra entravano gelidi spifferi di freddo e nella quale i riscaldamenti venivano spenti l’inverno ed accesi l’estate.
Inoltre, i detenuti irlandesi dovevano espletare le proprie funzioni fisiologiche all’interno della cella, spalmando gli escrementi sui muri. Queste torture, perché in altro modo non è possibile chiamarle, sono state messe in atto da un governo che per la società perbenista e borghese ha sempre costituito un fulgido esempio di democrazia e civiltà.
Un grande uomo del secolo scorso ebbe a dire: “Dio stramaledica gli inglesi!”, non ci è dato sapere se Bobby Sands ebbe mai ad udire questa frase ma una cosa è certa: il suo sacrificio costituisce un motivo di orgoglio per tutto il popolo irlandese e per quella lotta in nome di Dio e dell’Irlanda libera che prima o poi sarà vinta.
Avv. Francesco Russo
Presidente ELMO ACHEO
Presidente ELMO ACHEO